"Dobbiamo avere fiducia nella nostra lingua italiana, nella sua bellezza, ed evitare l'uso esagerato di anglicismi."
Accademia della Crusca
Non significa voler eliminare tout court le parole straniere (sarebbe risibile): al contrario, bisogna saperle valorizzare e farle convivere armonicamente con le parole italiane.
La posizione dell'Accademia è chiara ed equilibrata. L'impoverimento della lingua è dimostrato dall'oblio in cui cadono i termini più ricercati, sostituiti da formule lessicali spesso non corrette.
I neologismi, come ad esempio i verbi di nuovo conio utilizzati dai videogiocatori (stremmare, killare e altre mostruosità simili) sono sintomatici di un appiattimento del livello culturale e di una semplificazione inaccettabile, nonché della perdita della capacità di esprimersi utilizzando periodi coordinati e composti nel rispetto delle regole elementari della sintassi.
Oggi dobbiamo abituare i più giovani a spegnere il telefono, ad abbandonare YouTube e Twitch per leggere un buon libro e arricchire il proprio vocabolario, riscoprendo la ricchezza e bellezza della nostra lingua e, perché no, anche dei dialetti, che stanno tristemente scomparendo.
Dobbiamo valorizzare la nostra diversità. La lingua italiana, anche a livello accademico, ha già perso parte della sua importanza; ho conosciuto diversi italiani che hanno dimenticato come parlare nella nostra amata lingua, e non avvertono questo aspetto come negativo, bensì come un segno di adattamento ed integrazione. Ma l'universalismo non deve tradursi nell'omologazione: è un equivoco da rigettare con fermezza.
Come sempre, in medio stat virtus.
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