Noi, polvere e ombra
Si sono disciolte le nevi, già tornano le erbe nei campi
e le foglie sugli alberi;
muta la terra il suo aspetto e, abbassandosi, i fiumi
nuda osa la Grazia, con le ninfe e le due sue sorelle,
condurre le danze.
Ma a che non abbia speranze immortali t'ammoniscono
l'anno e l'istante
che rapisce il giorno fecondo.
Zefiro mitiga il freddo, la primavera cede all'estate
che pure ella stessa morrà
sol che il pomifero autunno abbia effuso i suoi frutti e di
nuovo
sarà la morta stagione.
Pure i danni del cielo ripara il veloce andar della luna:
noi, quando saremo caduti
là dov'è il padre Enea, il ricco Tullo ed Anco, saremo
polvere e ombra soltanto.
Chi può mai sapere se i superi vorranno alla somma
dell'oggi
aggiungere anche il domani?
Tutto quanto avrai concesso ai cari tuoi desideri
sfuggirà all'avidità dell'erede.
Quinto Orazio Flacco, Odi ed Epodi. Canto secolare, Feltrinelli, Milano, 2024, Odi IV, 7, traduzione di Ugo Dotti, pp. 366-367.
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