"Due immense gambe di pietra senza tronco
s'ergono nel deserto," mi disse il viaggiatore
che veniva da una terra antica. Lì accanto,
sulla sabbia giace sepolto un viso frantumato il cui
cipiglio,
le labbra raggrinzite, il suo ghigno di freddo comando,
dicono che lo scultore lesse bene quelle passioni
che in quella materia senza vita, impresse
sopravvivono
alla mano che le forgiò e al cuore che le nutrì.
E sul piedestallo appaiono queste parole:
"Il mio nome è Ozymandias, re dei re:
guardate alle mie opere, o potenti, e disperate!".
Nient'altro resta, nient'altro.
Attorno alle rovine di quell'immenso relitto,
le nude e sconfinate e deserte sabbie
si stendono, piatte, in lontananza.
Percy Bysshe Shelley, Ode al vento occidentale, Feltrinelli, Milano, 2024, p. 65, traduzione di Roberto Mussapi.
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