È difficile per un romanziere rappresentare la sua idea di leggerezza, esemplificata sui casi della vita contemporanea, se non facendone l’oggetto irraggiungibile d’una quete (ricerca) senza fine. È quanto ha fatto con evidenza e immediatezza Milan Kundera. Il suo romanzo L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere è in realtà un’amara constatazione dell’Ineluttabile Pesantezza del Vivere...
Tanto in Lucrezio quanto in Ovidio la leggerezza è un modo di vedere il mondo che si fonda sulla filosofia e sulla scienza: le dottrine di Epicuro per Lucrezio, le dottrine di Pitagora per Ovidio (un Pitagora che, come ce lo presenta, somiglia molto a Budda). Ma per entrambi i casi, la leggerezza è qualcosa che si crea con la scrittura, con i mezzi linguistici che sono del poeta, indipendentemente dalla dottrina del filosofo che il Poeta dichiara di voler seguire.
La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso.
Leopardi, nel suo ininterrotto ragionamento sull’insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, e soprattutto la luna.
La letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso del vivere.
Italo Calvino, Lezioni Americane
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